Per chi, come me, ha frequentato il liceo classico, visitare Atene è un'esperienza di vita. Si può vedere l'Acropoli mille volte, ed in ogni occasione stupirsi come bambini. La culla della civiltà greca, madre della cultura occidentale, respira ancora dopo migliaia di anni. Ci sono pochi luoghi al mondo -e nessun altro in occidente- dove lo stesso popolo dell'epoca ricorda una battaglia del 490 a.c. e la corsa di un messo ad annunciare la vittoria che garantiva la libertà dall'invasore.
Roma è la citta eterna, vero, però come runner non sento lo stesso debito di riconoscenza spirituale che provo verso la capitale greca. Basta pensare che il primo premio della maratona di New York del 1974 fu un viaggio ad Atene per correre quella orginale!
Ecco il racconto di Max: "Questo non può essere il solito resoconto perché quella che abbiamo corso è la maratona delle maratone. Atene è quello che personalmente mi serviva e devo dire che non potrei essere più soddisfatto; ma andiamo con ordine.
Il gruppo dei partenti originariamente era composto da me, Clod, il dottore e tre amici conosciuti strada facendo. Un amico ha dato forfait per un infortunio e in conclusione sulla linea di partenza a Maratona eravamo in cinque. Tra noi anche Veronica, alla sua prima maratona. Devo dire che l'ho invidiata molto, per il sapore dell'ignoto che ha la prima esperienza.
Partiti da Bergamo con il più classico dei disagiati voli RyanAir, arriviamo ad Atene accolti da un tempo da lupi. Freddo e pioggia ci accompagnano nel complicatissimo trasferimento dall'aeroporto fino allo stadio del Taekwondo di Atene. Lo sconforto ci fa subito temere di dover affrontare la gara l'indomani sotto un diluvio universale. L'attenta disamina dei siti di meteorologia non pare molto rassicurante. Comunque si, avete capito bene, il ritiro pettorali è allestito allo stadio del Taekwondo. La struttura è enorme, fuori dal centro della città e scomoda da raggiungere con i mezzi (abbiamo utilizzato treno, metro, tram e i nostri piedi...). All'interno solita sfilata di atleti di tutti i tipi e tutte le età. Torpedone tra i banchetti di gadget, gel, abbigliamento e verso l'uscita cinema con proiezione del percorso in loop per rendersi conto di cosa dovremo affrontare durante la gara. Ci sediamo e tutto ad un tratto ci rendiamo conto della complessità del percorso. Tratto in piano fino al decimo chilometro e poi sali e scendi fino al chilometro trentuno. Da li tutta discesa verso la gloria dello stadio Panathinaiko.
Dopo la divertente proiezione, sotto il diluvio ci avviciniamo alla stazione del tram che ci porterà, non senza peripezie, all'albergo. La cena pre-maratona si sà, è importante, classica sbadilata di pasta in un bel ristorante per essere pronti a godersi a pieno la fatica che ci accompagnerà da Maratona ad Atene. Tutti in camera presto e sveglia puntata alle cinque, per permettere a tutti di fare una veloce colazione, sbrigare le annose "faccende di cesso" e appuntarsi il pettorale alla maglietta.
Appena sveglio guardo fuori. Cielo limpido. Incredibile. Saliti sulla prima metro delle ore sei e giunti al ritrovo per la partenza dei pullman predisposti per il trasferimento da Atene a Maratona, ci troviamo con altre migliaia di atleti che, a gomiti alti, cercano di accaparrarsi un posto su uno delle centinaia di mezzi in partenza. Durante il trasferimento di circa mezz'ora, mille pensieri si avvicendano. La voglia di far bene è molta.
Una volta scesi, il Sirtaki ci accompagna verso la partenza e dopo una promessa di lealtà, effettuata con il braccio alto verso il cielo, attendiamo lo sparo.
I primi 10km si snodano in un percorso splendido. La lieve discesa porta tutti fuori ritmo. La quantità di supporter per strada è incredibile. Persone di tutte le età.
Intravedo delle signore con un ramoscello di ulivo. Mi chiedo cosa significhi, ma poco dopo vedo un corridore greco avvicinarsi, romperne un rametto e infilarlo nei pantaloncini mentre le signore lo ringraziavano. Così ne ho capito il significato allegorico: ricordare le gesta storiche di Filippide e portare la notizia della vittoria e quindi della pace. Davvero commovente.
La salita è tanta, come il caldo che ci fa soffrire passando attraverso i piccoli paesi lungo il tracciato. Mai corsa una maratona così dura. Alla mezza tutto bene e così tengo un buon ritmo nella speranza di non fare l'errore di sottovalutare la rampa finale che mi porterà agli ultimi 10km di lieve discesa.
Mi rendo conto che sono troppo veloce e così rallento fino addirittura a camminare al ventiseiesimo chilometro. La discesa e il tifo mi fanno andare veloce, forse troppo. La crisi alla fine arriva e così mi ritrovo a camminare un altro paio di volte. All'ultimo rallentamento, in mezzo a due ali di folla, sento incredibili urla di incitamento di fronte alle quali non posso fare altro che rispondere ripartendo di gran carriera verso l'arrivo, dando fondo ad ogni energia residua.
L'ingresso allo stadio è magico. Indescrivibile. Trovo la forza per correre veloce e chiudere la gara in 3 ore e 27 minuti.
Clod è poco fuori dalla zona di consegna delle medaglie. Quando mi dice il suo tempo stento a crederci. Per lui è come se i sali-scendi non fossero stato li. 3 ore e 5 minuti che in conclusione si traducono in un 172esimo posto assoluto.
Poco dopo arrivano il dottore e il quarto amico. Li vedo cotti ma felici dell'impresa. Veronica chiuderà in 4 ore e 40 in ottime condizioni fisiche.
Il lunedì è giorno di visite turistiche, ma quelle non danno gloria."