venerdì 28 agosto 2015

Garmin vívoactive™

Mi ricordo come fosse ieri quando mi regalarono il primo orologio per la corsa, un Garmin Forerunner 205. Era il 2008 e con lui ho corso la mia prima mezza maratona e poi via via le successive 3/4 maratone. Sia io che il Bia che Clod avevamo lo stesso modello e lo abbiamo usato moltissimo, fino allo sfinimento. Instancabile, mi ci ero quasi affezionato quasi come ad un amico e il passaggio ad un altro modello è stato duro.
A distanza di 7 anni, dopo aver ceduto a Clod il mio Forerunner 620, ho deciso di acquistare il nuovo Garmin vívoactive.

Dopo circa 6 mesi di utilizzo devo dire che sono pienamente soddisfatto. A differenza dei precedenti orologi Garmin che ho posseduto, questo non è dedicato esclusivamente all'attività sportiva. In realtà la sua vocazione è quella di essere in primo luogo uno smartwatch e un activity tracker (tracciare i passi e l'attività base di tutti i giorni). Collegandolo via bluetooth al mio iPhone ricevo tutte le notifiche direttamente al polso ed è possibile addirittura installare applicazioni che, grazie alla connessione internet del telefono, mi forniscono informazioni tra le più varie come ad esempio il Meteo.
Molti produttori - tra cui Apple, LG, Asus - hanno rilasciato Smartwatch con funzionalità mirabolanti e schermi di qualità eccelsa ma solo Garmin è riuscita a creare un prodotto che risponda a pieno alle mie esigenze di runner e tutto questo ad un prezzo ragionevole (si trova a 210€).
Il VivoActive, grazie al GPS integrato e alla funzionalità Multisport, ha tutto ciò che mi serve per correre ed andare in bicicletta o potenzialmente nuotare. Per di più, grazie allo spessore ridotto e al peso esiguo, è comodo da tenere sempre al polso. La batteria, durante l'utilizzo come Smartwatch, dura più di una settimana (quella dell'iWatch di Apple dura circa un giorno) mentre si consuma allo stesso modo di tutti gli altri orologi Garmin durante l'attività con l'ausilio del GPS.
In conclusione mi sento assolutamente di consigliarlo a chi vuole un prodotto con le funzionalità GPS base - manca il termometro, il barometro e la robustezza dei modelli più adatti ai Trail Runners - ma desidera allo stesso tempo uno smartwatch completo che faccia la sua bella figura al polso.

venerdì 3 aprile 2015

L'infortunio

Ho sempre sperato di essere immune da qualsiasi tipo di infortunio ma ovviamente così non poteva essere ed eccomi qui a raccontare cosa ha completamente annullato 6 mesi di impegni podistici.
Con tutte le peripezie che abbiamo vissuto correndo: trail, ultra-maratone, maratone, skyrace e corse nel deserto, sono riuscito a farmi male sugli sci. Quest'anno, alla ricerca di nuove avventure, ho seguito le orme del Bia e mi sono iscritto ad un corso di sci-alpinismo. Tutto fantastico, prima la teoria e poi, via alle gite sulle montagne Venete e ovviamente Trentine. Estasi totale e appena ti rilassi e cali l'attenzione - sottovalutando ciò che stai facendo - cadi.
Risultato dell'operazione sci-aplinismo è una lesione grave al legamento collaterale mediale. Prima di un mese fa non sapevo nemmeno che esistesse un legamento collaterale e ora mi ritrovo nella condizione che nelle migliori delle ipotesi potrò tornare a correre a luglio. Per fortuna, ma per un pelo, sono riuscito ad evitare un operazione al ginocchio ma fin dall'inzio le previsioni per il recuperò non si sono presentate rassicuranti.
Nonostante le molte affermazioni della serie "ti capisco", credo che per la maggior parte sia quantomeno difficile capire cosa voglia dire, per uno come me, non poter correre. Da circa 6 anni il periodo più lungo che ho passato senza correre è stato di 15 giorni. Ad oggi sono circa 35 giorni da quel maledetto scivolone e mi sento più o meno come se fossi in gabbia.La mia forma fisica è palesemente in calo e la bilancia ad oggi segna 1Kg in più rispetto allo stato che avevo raggiunto.
Sono preoccupato e demoralizzato guardando avanti e, con molte difficoltà, sto cercando disperatamente di pensare ai risvolti positivi di tutta questa faccenda.
Più o meno tutti gli amici mi hanno scritto messaggi o chiamato per farmi un imbocca al lupo o per augurarmi una pronta guarigione ma una persona ha colpito nel segno: l'Alieno.
Un estratto del suo messaggio: "Quando mi son rotto la costola pensavo di non poter resistere per 3 settimane senza correre e invece non ho perso forma ed ero veramente riposato. Vedilo come un momento in cui finalmente fai riposare il tuo corpo. Servirà per rigenerare cartilagini e potrai imparare dalla fisioterapia qualcosa che ti sarà utile anche una volta sano." per poi finire con una citazione di Ernest Hemingway "The world breaks everyone, and afterward, some are strong at the broken places.".
Spero di lasciarmi alle spalle quanto prima questa brutta esperienza e poter pensare alle prossime sfide, prima su tutte quella che vedrà il ritorno del Generale.

domenica 14 dicembre 2014

Motivational autunnale: Marathon Man

Non è facile continuare ad avere motivazione dopo le gare autunnali, quando gli obiettivi agonistici sono molto distanti, comincia a fare freddo e le giornate si accorciano drammaticamente. Verrebbe automatico tirare i remi in barca ed aspettare fino a febbraio, quando però sarebbe troppo tardi per ricominciare in vista di un evento primaverile.
Quest'anno ho trovato conforto nell'autobiografia di Bill Rodgers, atleta americano pluricampione alla maratona di Boston e New York tra il 1975 ed il 1980. Immagino che molti leggendo il titolo del post abbiano pensato a Dean Karnazes, ma credetemi qui siamo ad un altro livello (verso l'alto): vincere quattro volte Boston e quattro volte New York è un'impresa irripetibile, pertanto penso che nessuno meglio del vecchio Bill possa rappresentare il "Marathon Man".
Obiettore di coscienza negli anni del Vietnam, il laureato Bill rimane folgorato dalla vittoria di Frank Shorter nella maratona olimpica del 1972. Così, tra lavori duri e sottopagati, rimette le scarpette con cui correva all'università e ricomincia a correre con l'obiettivo di vincere la maratona di Boston. Solo nel 1975, questo ragazzo che insegue il suo sogno con la spontaneità di un amatore come noi, ce la farà. Correrà, come fosse il Libro Cuore, vestendo una maglietta scritta a mano che riporta il nome del suo team di laureati squattrinati.
Insomma: una storia d'altri tempi, incomparabilmente più belli degli attuali.

domenica 16 novembre 2014

Atene: dove tutto è cominciato

Per chi, come me, ha frequentato il liceo classico, visitare Atene è un'esperienza di vita. Si può vedere l'Acropoli mille volte, ed in ogni occasione stupirsi come bambini. La culla della civiltà greca, madre della cultura occidentale, respira ancora dopo migliaia di anni. Ci sono pochi luoghi al mondo -e nessun altro in occidente- dove lo stesso popolo dell'epoca ricorda una battaglia del 490 a.c. e la corsa di un messo ad annunciare la vittoria che garantiva la libertà dall'invasore.
Roma è la citta eterna, vero, però come runner non sento lo stesso debito di riconoscenza spirituale che provo verso la capitale greca. Basta pensare che il primo premio della maratona di New York del 1974 fu un viaggio ad Atene per correre quella orginale!
Ad Atene, poi, si può festeggiare con una birra locale prodotta dal 1864 (chissà se Garibaldi l'ha provata).
Ecco il racconto di Max: "Questo non può essere il solito resoconto perché quella che abbiamo corso è la maratona delle maratone. Atene è quello che personalmente mi serviva e devo dire che non potrei essere più soddisfatto; ma andiamo con ordine.
Il gruppo dei partenti originariamente era composto da me, Clod, il dottore e tre amici conosciuti strada facendo. Un amico ha dato forfait per un infortunio e in conclusione sulla linea di partenza a Maratona eravamo in cinque. Tra noi anche Veronica, alla sua prima maratona. Devo dire che l'ho invidiata molto, per il sapore dell'ignoto che ha la prima esperienza.
Partiti da Bergamo con il più classico dei disagiati voli RyanAir, arriviamo ad Atene accolti da un tempo da lupi. Freddo e pioggia ci accompagnano nel complicatissimo trasferimento dall'aeroporto fino allo stadio del Taekwondo di Atene. Lo sconforto ci fa subito temere di dover affrontare la gara l'indomani sotto un diluvio universale. L'attenta disamina dei siti di meteorologia non pare molto rassicurante. Comunque si, avete capito bene, il ritiro pettorali è allestito allo stadio del Taekwondo. La struttura è enorme, fuori dal centro della città e scomoda da raggiungere con i mezzi (abbiamo utilizzato treno, metro, tram e i nostri piedi...). All'interno solita sfilata di atleti di tutti i tipi e tutte le età. Torpedone tra i banchetti di gadget, gel, abbigliamento e verso l'uscita cinema con proiezione del percorso in loop per rendersi conto di cosa dovremo affrontare durante la gara. Ci sediamo e tutto ad un tratto ci rendiamo conto della complessità del percorso. Tratto in piano fino al decimo chilometro e poi sali e scendi fino al chilometro trentuno. Da li tutta discesa verso la gloria dello stadio Panathinaiko.
Dopo la divertente proiezione, sotto il diluvio ci avviciniamo alla stazione del tram che ci porterà, non senza peripezie, all'albergo. La cena pre-maratona si sà, è importante, classica sbadilata di pasta in un bel ristorante per essere pronti a godersi a pieno la fatica che ci accompagnerà da Maratona ad Atene. Tutti in camera presto e sveglia puntata alle cinque, per permettere a tutti di fare una veloce colazione, sbrigare le annose "faccende di cesso" e appuntarsi il pettorale alla maglietta.
Appena sveglio guardo fuori. Cielo limpido. Incredibile. Saliti sulla prima metro delle ore sei e giunti al ritrovo per la partenza dei pullman predisposti per il trasferimento da Atene a Maratona, ci troviamo con altre migliaia di atleti che, a gomiti alti, cercano di accaparrarsi un posto su uno delle centinaia di mezzi in partenza. Durante il trasferimento di circa mezz'ora, mille pensieri si avvicendano. La voglia di far bene è molta.
Una volta scesi, il Sirtaki ci accompagna verso la partenza e dopo una promessa di lealtà, effettuata con il braccio alto verso il cielo, attendiamo lo sparo.
I primi 10km si snodano in un percorso splendido. La lieve discesa porta tutti fuori ritmo. La quantità di supporter per strada è incredibile. Persone di tutte le età. 
Intravedo delle signore con un ramoscello di ulivo. Mi chiedo cosa significhi, ma poco dopo vedo un corridore greco avvicinarsi, romperne un rametto e infilarlo nei pantaloncini mentre le signore lo ringraziavano. Così ne ho capito il significato allegorico: ricordare le gesta storiche di Filippide e portare la notizia della vittoria e quindi della pace. Davvero commovente.
La salita è tanta, come il caldo che ci fa soffrire passando attraverso i piccoli paesi lungo il tracciato. Mai corsa una maratona così dura. Alla mezza tutto bene e così tengo un buon ritmo nella speranza di non fare l'errore di sottovalutare la rampa finale che mi porterà agli ultimi 10km di lieve discesa.
Mi rendo conto che sono troppo veloce e così rallento fino addirittura a camminare al ventiseiesimo chilometro. La discesa e il tifo mi fanno andare veloce, forse troppo. La crisi alla fine arriva e così mi ritrovo a camminare un altro paio di volte. All'ultimo rallentamento, in mezzo a due ali di folla, sento incredibili urla di incitamento di fronte alle quali non posso fare altro che rispondere ripartendo di gran carriera verso l'arrivo, dando fondo ad ogni energia residua.
L'ingresso allo stadio è magico. Indescrivibile. Trovo la forza per correre veloce e chiudere la gara in 3 ore e 27 minuti.
Clod è poco fuori dalla zona di consegna delle medaglie. Quando mi dice il suo tempo stento a crederci. Per lui è come se i sali-scendi non fossero stato li. 3 ore e 5 minuti che in conclusione si traducono in un 172esimo posto assoluto.
Poco dopo arrivano il dottore e il quarto amico. Li vedo cotti ma felici dell'impresa. Veronica chiuderà in 4 ore e 40 in ottime condizioni fisiche.
Il lunedì è giorno di visite turistiche, ma quelle non danno gloria."

lunedì 10 novembre 2014

Mezza maratona di Amsterdam

Ho chiesto a dei cari amici - che hanno partecipato per la prima volta ad una gara - di scrivere le loro emozioni e di raccontare la loro esperienza. Ecco quindi il racconto di Federica che, insieme al proprio ragazzo Carlo, ha partecipato poche settimane fa, dopo mesi di allenamenti, alla mezza maratona di Amsterdam. Poche righe che racchiudono tante emozioni e tanto entusiasmo: correre solo per divertirsi, senza pensare ad altro. 
Quello che conta è il divertimento!
Bravi ragazzi, lo spirito è proprio quello giusto.

"Domenica mattina, suona la sveglia, è ora di alzarsi, un sole meraviglioso e vento, ovviamente, siamo ad Amsterdam. Il primo pensiero: ok, non mi fa male nulla a parte la gola, ma è da qualche giorno che mi porto dietro questo inizio di influenza, quindi… si parte, si parte, finalmente è arrivato il giorno: colazione e poi via, non vedo l’ora di raggiungere lo stadio e iniziare la mia prima Mezza Maratona!!
L’emozione già dal mattino si fa sentire, accendiamo la televisione, c’è la diretta, guardiamo la partenza della Maratona (la Mezza infatti è alle 13.30), seguiamo i runner, c’è un sacco di gente sulla strada e loro sono delle schegge. Torniamo alla nostra colazione, mille dubbi su cosa mangiare, o meglio quanto, cosa indossare, se ci sarà freddo o no… in ogni caso pantaloncini e maglietta, scarpe e via, usciamo. Andiamo verso lo stadio, in città parecchia gente è in tenuta da corsa…è bellissimo, sai che dopo poco correrai con tutte quelle persone. Arriviamo allo stadio e il clima è meraviglioso, gente che va in tutte le direzioni, chi ha appena finito la 10km sfoggia con orgoglio la medaglia: bambini, famiglie, ragazzi. Poi gli sguardi si incrociano con chi è ancora fresco, che come noi aspetta la Mezza Maratona, c’è gente di tutti i tipi, ragazze e ragazzi in forma, ma anche qualcuno più in là con gli anni e penso… tutti questi mesi di allenamento, ce la faremo?
Entriamo nello stadio olimpico dalle tribune…che spettacolo, i maratoneti stanno arrivando, ci siamo persi l’arrivo dei primi per qualche minuto, ma vediamo la prima donna tagliare il traguardo, ancora più significativo e d’esempio… ci sediamo, è un’emozione incredibile, solo vedere tutti gli atleti arrivare, vedere la felicità e la soddisfazione personale e vedere che ci sono così tante persone ad applaudirli, ad incoraggiarli e a sostenerli mi fa quasi commuovere…chissà se anche quando arriveremo noi ci sarà qualcuno…
Purtroppo il vento porta molte nuvole, inizia a piovere, cerchiamo riparo, partire già bagnati non ci sembra il caso…attacchiamo il pettorale sulla maglietta, non l’avevo mai fatto, sto davvero per partecipare ad una corsa, mi rendo conto che manca davvero poco alla partenza e continuo a guardare l’ora, quasi avessi paura di arrivare tardi al via. Bene, smette di piovere, ci dirigiamo verso la partenza insieme ad altre quindicimila persone, allaccio le scarpe duecento volte, troppo strette, troppo larghe… La tensione, quella bella, e l’impazienza ormai fanno parte di me… ho una gran voglia di correre! Mi guardo intorno, un clima splendido, sorrisi e risate, tutti in attesa. Finalmente iniziamo a camminare, la porta dello Start si avvicina, mancano pochi metri e via…si parte!!! L’emozione si trasforma in forza nelle gambe, sembra di volare, iniziamo la nostra prima Mezza Maratona. I primi chilometri sono pieni di energia e di carica. Sul tragitto ci sono stazioni musicali ad ogni angolo, ognuna con ritmi differenti che mi caricano di adrenalina e di energia, come lo striscione “free energy” scritto da un ragazzo vestito da Biancaneve. Questo è stato per me la Mezza Maratona di Amsterdam: musica, allegria, felicità e tanta gente diversa che corre, solamente corre, con lo stesso scopo, con la stessa passione, una gara individuale che viene condivisa da tanti sconosciuti che in quel momento sembra siano tutti amici.
Durante la corsa raffiche di vento e pioggerellina infastidiscono un po’, gli ultimi chilometri sono parecchio duri, forse li avevo sottovalutati, ma la gente ai lati del percorso e il contesto ci aiutano a mettere un piede davanti all’altro. Lo stadio olimpico si avvicina…finalmente entriamo, mi viene quasi da chiedere permesso e da entrare in punta dei piedi, il fondo cambia e si sente la differenza al passo, gli spalti sono carichi, la gente applaude, incita, la musica è alta…tutti sono concentrati per vedere noi e altre quindicimila persone arrivare. Il traguardo è lì, ci avviciniamo, ci stringiamo la mano, gli ultimi passi e in un attimo è finita. È quasi più dura fermarsi che continuare, è incredibile. La soddisfazione che sale dalla pista, attraversa tutto il corpo e arriva prima al cuore e poi alla testa è fortissima. Poi c’è la medaglia… e allora capiamo che l’abbiamo fatto davvero!
Un’esperienza emozionante, incredibile, intensa e strepitosa. Non credevo potesse dare tutte queste emozioni e questa carica una corsa. E poi, dopo tutti gli allenamenti fatti insieme, arrivare al traguardo stringendo la mano del mio ragazzo è stato ancora più importante.
E ora, tornati a Verona, si ricomincia a correre, semplicemente correre. Un passo davanti all’altro, il respiro che raggiunge il suo ritmo, i pensieri che come i passi si mettono in fila e trovano il loro ordine, e solo una strada dritta davanti. Certo, dopo un po’ bisogna girarsi e tornare indietro, ma i pensieri e i progetti possono continuare ad andare avanti. Quindi? Qual è la prossima sfida?"

martedì 21 ottobre 2014

Alien's Quest - Sardinia Ultramarathon 2014

Ecco l'emozionante resoconto della Sardinia Ultramarathon del nostro amico Alieno, che festeggia un garone senza precedenti corso a mille incollato al campionissimo Giorgio Calcaterra! L'Alieno si allena come un pazzo, e allora è proprio vera la massima di Alberto Salazar: "you race the way that you trained".

"Si riparte! Sono ancora una volta sull'aereo, in partenza per la Sardegna e più precisamente per Macomer,  per disputare la mia seconda Sardinia Ultramarathon, corsa di 2 giorni con due tappe consecutive da 21 km il sabato e 60 km la domenica, con in testa un frullato di pensieri ed emozioni. L'anno passato ero stato folgorato dalla bellezza della corsa, l'ambiente unico, l'accoglienza dei padroni di casa e dalla possibilità di misurarmi, nel mio piccolo, con un mostro sacro come Giorgio Calcaterra, campione italiano e mondiale di 100 km, l'unico finora capace di vincere per 9 anni consecutivi la "100km del Passatore".
Parliamo di un incredibile atleta e uomo, il quale, nonostante il suo palmares allucinante, continua a definire  la corsa come un hobby! Giusto per dare un idea lo paragonerei calcisticamente a Pelè o a Maradona, anche se, a mio parere, entrambi avrebbero da imparare molto da lui per quanto riguarda umiltà e semplicità.
Sono mesi che preparo questa corsa, è l'obiettivo della mia stagione!
Sono realista e so che sarà pressoché impossibile batterlo, ma la sola idea di potergli stare vicino più chilometri possibile e imparare il più possibile da lui sarebbe un onore... A fine maggio seguivo il live del passatore ed ero rimasto incredulo nel vedere il suo capolavoro: dopo più di mezza gara in crisi dalla terza posizione al chilometro 85 è passato secondo; poi primo al chilometro 93 tagliando il traguardo al primo posto per la nona volta consecutiva... WOW! Come si fa a fare un recupero così dopo 85 km di corsa?
L'obiettivo era scoprire quando e come quell'incredibile forza mentale si trasformava in forza fisica...

Al decollo e durante il viaggio mi sono caricato di ottime emozioni ed energie, guardando il Monte Rosa e l'interminabile catena montuosa delle Alpi a tratti innevate, cavalcando le nuvole e attraversando il mar mediterraneo che si estendeva a perdita d occhio ho potuto ragionare su quanto bello e unico sia questo pianeta, un posto che ci regala la vita ed è di una bellezza che va oltre la nostra immaginazione... spesso noi dimentichiamo tutto questo dandolo per scontato, perdendo il contatto con la pura essenza della vita, e di conseguenza con la possibilità di vivere più sereni e gioiosi.

Per fortuna che alcune persone il segreto della felicità lo conoscono bene: all'arrivo alla Colonia del monte di Sant'Antonio,  a Macomer, mi trovo davanti ai vecchi amici, persone che vivono semplicemente, loro che lavorano per darci vitto e alloggio e si fanno in quattro per far si che buon cibo, birra, vino, il calore del fuoco e della loro umanità non manchino un secondo... Che persone speciali, li visti tre giorni in vita ma è come se ci conoscessimo da sempre, con loro ho la sensazione di essere a casa mia!

Come l'anno scorso la sera fila liscia come l'olio tra cibo, bevande squisite, ottima compagnia e una nottata in camerata con i compagni di viaggio dei giorni successivi.

E' sabato mattina, finalmente è ora di correre la "Corsa Verde", mezza maratona fuori strada con molti saliscendi e un buon dislivello complessivo. L'ambiente è così selvaggio e affascinante che la fatica sembra non arrivare mai,  corro fianco a fianco a Giorgio, tirandoci a vicenda e chiudendola con un tempo da record! Che meraviglia correre così: essere immerso nella natura a fianco a questo grande campione rende quella che dovrebbe essere una fatica un puro divertimento, un lungo momento di trance agonistica che ti fa credere che potresti correre così per sempre... sul finale però le gambe hanno iniziato a recriminare facendomi ricordare che mente e corpo devono rimanere allineati altrimenti son dolori. Per questo c'è un rimedio, un bel massaggio post gara, un pranzo e un bagno pomeridiano al mare faranno si che il mio corpo si prenda il meritato riposo prima della vera corsa, quella da 60 chilometri.

La sera, dopo cena inizio a farmi le classiche domande: "Non ho mai corso bene una ultra, amo la corsa di resistenza ma sono conscio che molto raramente ho corso senza crollare sul finale, ce la farò? Oggi mi sono gestito bene, oppure ho dato troppo? E se domani le gambe mi abbandoneranno a molti km dalla fine come è successo l'anno scorso?" 
Mi rendo conto che sono solo pensieri limitanti, e che il passato non è uguale al presente, a meno che noi non scegliamo di viverci dentro, addormentandomi con la certezza che saprà trovare i giusti mezzi e le energie per rendere al meglio e per godermi quell'incredibile viaggio che è l'ultramaratona.

Domenica mattina, colazione, preparativi, appello, tutti sulla linea di partenza e via, si parte! 
Si parte molto piano, in tranquillità, sapendo che la corsa sarà bella lunga, 60 chilometri di collina tutti fuori strada sono tutt'altro che uno scherzo, ma so che se riesco a stare a fianco a Calcaterra più a lungo possibile avrò la possibilità di andare via regolare e imparare moltissime cose anche solo osservandolo.

Un po' chiacchieriamo ma rimaniamo entrambi concentrati; il fatto di poter correre spalla a spalla con lui e per me una fonte di grande energia e ricordo che al giro di boa del trentesimo mi sono detto, "beh, quasi mi sembra di iniziare ora una corsa di 30 chilometri, ottimo!" Ovviamente il fisico non era così fresco , ma in queste gare l'approccio mentale fa la gran parte della differenza tra successo e insuccesso, e quindi ero felice e grato per la positività con cui stavo approcciando la situazione.

Al secondo giro abbiamo iniziato a fare sul serio, il ritmo aumentava continuamente, io e Giorgio continuavamo a darci il cambio e tirarci a vicenda e il caldo si faceva sentire sempre di più, a ogni ristoro prendevo una o due bottigliette d acqua di cui me ne versavo almeno metà in testa e bevevo ciò che rimaneva; ci siamo fatti 30 chilometri buoni correndo con le bottigliette in mano per non finire disidratati o in preda a un insolazione.

Con l avvicinarsi del 45 km, dove l'anno scorso sono letteralmente morto di crampi, le paure cercavano di farsi sempre più strada, ma con pazienza le zittivo dicendomi: "il passato è diverso dal presente... A meno che tu non scelga di viverci dentro!" Con questo approccio ho superato le crisi che si susseguivano, sempre focalizzato sul presente e sulla tecnica di gara, arrivando così al momento clue: al km 53, Giorgio ha accelerato ancora, la mia testa e le persone intorno dicevano "non farlo andare!" ho cercato di non mollarlo, ma ecco che il mio fisico metteva il limite: principi di crampi e contratture mi hanno fatto capire che era molto meglio non seguirlo e tenere il mio passo per non rischiare un blocco muscolare e perdere minuti preziosi... 

Quello è stato il momento che ho aspettato da quella sera mesi fa, mentre seguivo il Passatore, era lì  davanti ai miei occhi: che spettacolo vedere Calcaterra cambiare marcia dopo 53 km, ecco l'agognato momento fatidico: il campione mi stava dando la lezione che cercavo da mesi! Nulla accade per caso e il volume dei suoi allenamenti, quasi triplo rispetto al mio, insieme all'approccio mentale di quel momento stavano facendo la differenza!
Nonostante i crampi non volevo perdermi la lezione e ho reagito cercando di stargli il più vicino possibile, trainato gli incitamenti della folla: "dai Marco! Giorgio e li poco più avanti!"
A momenti i crampi si facevano lancinanti, ma ormai sono spesso miei compagni di viaggio e ho adottato tutte le tecniche fisiche e mentali che nel tempo ho imparato per correrci insieme e addirittura farli anche sparire per qualche momento...

Gli ultimi 2 km di salita, che sarebbero impegnativi giù da soli, dopo 4 ore di fatiche sembrano ripidi come le scale di un grattacielo, ma il vedere che Calcaterra non era ancora sparito e che potevo ancora vederlo lì davanti a me, insieme alla consapevolezza che stava finendo una corsa fantastica da cui stavo traendo energie e insegnamenti per il futuro, mi hanno riempito di gioia e gratitudine. Nonostante la fatica di una corsa e di quella salita così impegnativa mi sentivo un po' come i bambini che si gustano le ultime squisite cucchiaiate di gelato... 

Taglio il traguardo felice e grato, consapevole che ho fatto una prestazione incredibile e che è una giornata perfetta, da incorniciare, e che sarà termine di paragone per le mie future prestazioni: mi sono levato mille soddisfazioni e mi sono veramente goduto il viaggio. Mi avvicino a Giorgio e lo abbraccio, grazie a lui ho corso una gara pressoché perfetta... Che emozioni!

Tutti i ragazzi mi fanno sentire un campione, mi trattano come se fossi al livello del campione e mi coccolano come hanno sempre fatto nei giorni precedenti: Macomer è un posto speciale pieno di persone genuine, vere, che negli occhi hanno una luce, un indescrivibile fuoco che arde, gente meravigliosa con cui uno sguardo vale più di mille parole...

In partenza saluto e ringrazio tutti più volte e me ne vado pensando a una massima di Socrate:
"Lascia che i tuoi figli abbiano sempre un po' di fame e un po' di freddo per essere felici".
Viviamo in un mondo accelerato e di agi quasi imposti, dove chi vuole faticare passa spesso per fesso, e cercano di convincerci che la felicità sia un qualcosa che dipende da cose o situazioni che stanno al di fuori di noi.  Invece no, la lezione di oggi per me è questa: i risultati ottenuti senza apprezzare la fatica fatta non hanno valore, e infatti spesso ci lasciano insoddisfatti; il traguardo che raggiungiamo ha senso solo se lo raggiungiamo felicemente perché non è a destinazione che giace la felicità, ma nel viaggio, perché essa è sempre stata dentro di noi."

giovedì 16 ottobre 2014

Cosa resterà di questi anni '80

Dopo le letture estive, che mi hanno fatto scoprire le vite dei campioni del passato, ho deciso di non abbandonare questo filone e di leggere le storie di altri campioni della corsa di fondo.
Nonostante io abbia sempre seguito lo sport, mi sono reso conto di conoscere solamente gli atleti degli anni '90, cioè quelli che ho visto all'opera da ragazzino, così mi è rimasta la curiosità di guardare indietro.
Con un salto al 1982 ho letto tutto d'un fiato Duel in the sun, che racconta l'intreccio delle vite di Alberto Salazar e di Dick Beardsley con la mitica maratona di Boston di quell'anno. L'eccezionale lotta tra il campionissimo Salazar ed il contadino Beardsley, che ha esaltato all'epoca tantissimi appassionati americani. Da un lato uno spettacolo, una sfida da brivido, fino all'ultimo metro ed allo sfinimento, dall'altro le storie di due uomini che condividono un'esperienza spartiacque nelle loro vite.

Per rimanere sul pezzo, ho continuato con 14 minutes, l'autobiografia di Alberto Salazar che ripercorre la sua storia atletica e da allenatore dell'Oregon Project, passando per l'infarto a cui è miracolosamente sopravvissuto nel 2007. Sarò sincero: è un'"americanata", ma al netto della questione stilistica è molto interessante sentire la versione di un campione di rango mondiale, spesso controverso per i suoi comportamenti.