martedì 28 maggio 2013

Trail dell'Orsa 2013

Domenica scorsa abbiamo partecipato al mitico Trail dell'Orsa, organizzato dall'associazione Verona Trail Runners.
Ci siamo andati anche l'anno scorso e abbiamo deciso di ritornare. Il clima è familiare, i luoghi sono belli ed il percorso è veramente maschio... noi corridori di pianura ci siamo cimentati solo sulla breve distanza di 24 chilometri che però vanta ben 1900 metri di dislivello positivo. Esiste, per chi ha un certo livello di testosterone, anche una versione di 48 chilometri con la bellezza di 3500 metri di pura salita.
Il mondo del trail ha veramente un grande fascino, per il contatto con la natura che regala e per la compagnia sincera, tanto che ti pare di passare la giornata con il Baffo Moretti ed i ragazzi dell'Amaro Montenegro a lanciare tappi nelle botti di Jack Daniel's.



Oltretutto giocavamo in casa perché quest'inverno abbiamo conosciuto i ragazzi di Verona Trail Runners in occasione di una serata dedicata ai trail: sono mitici e la loro motivazione nel coinvolgere le persone nelle attività sociali è davvero ammirevole.
Mancava all'appello solo il mio allenamento: totalmente inesistente visti gli ultimi mesi di super impegno lavorativo e familiare (sono papà!).
Oggi sono uscito per una corsetta in pianura e i miei quadricipiti avevano la flessibilità di una lapide.
Dimenticavo: il terzo tempo nella bella cornice di Brentino Belluno è stata il top. Una gara da non perdere per nessun motivo. Ora vado a lanciare tappi nelle botti di rovere per aspettare la prossima edizione.

lunedì 27 maggio 2013

100 km del Sahara 2013 - 2° tappa

Comincio la narrazione dicendovi che St. Louis sorge su un'isola collegata alla terra ferma da un ponte a forma di torre Eiffel (n.d.r. non è vero, ma non ditelo alla nostra guida senegalese).
Su questa pittoresca isola sorgono moltissimi palazzi in vecchio, molto vecchio, stile coloniale e il nostro albergo non è risultato essere da meno.
Tutto bello e suggestivo, peccato solo per l'elevatissimo tassa di umidità che aveva reso i vetri della finestra simili a quelli di un box doccia appena utilizzato e il copriletto assomigliava ad un mocho vileda non ancora strizzato. Considerando che avremmo soggiornato qui per due notti, la prima domanda che ci siamo posti è stata come avremmo fatto ad asciugare i nostri indumenti profumati. La risposta ce la saremmo dati il giorno seguente: tutto è rimasto bagnato, così come appena lavato. Tralasciando questo aspetto, tutti i nostri pensieri erano costantemente rivolti alla tappa che avremmo percorso il giorno successivo: la famigerata maratona nella savana.
La sveglia puntata alle 4.30 e la notte è passata senza intoppi.
Dopo il risveglio alle ore 4.30 e la solita colazione del campione - unico pranzo della giornata privo di verdure crude -  ci hanno portato in pullman alla partenza.
I piani erano molto semplici: sapevamo che questa sarebbe stata la nostra gara e per questo volevamo partire forti. Lo start era fissato per le 8, così da evitare il caldo africano, ma era evidente a tutti che avremmo patito le pene dell'inferno.
A circa 45 minuti dal via, abbiamo visto partire i temerari della formula camminatori. Sono tutti ben organizzati e temo che oggi si divertiranno più di noi.
Allo sparo partiamo bene e scavalchiamo i primi due km di sabbia con agilità. Il percorso diventa poi sterrato con due o tre centimetri di sabbia soffice su una base più solida. Su questo fondo diamo molto - forse troppo - e raggiungiamo i 10km con una certa scioltezza ad una media di 5e30 min/km.
Tutto sembra andare per il meglio quando, quasi al ventesimo, comincio a sentire un fastidioso dolore muscolare. Vedo che il Bia ne ha e quindi lo esorto a rompere la promessa che ci siamo fatti prima di partire, chiedendogli di proseguire da solo. Dopo poco cominciano i crampi e al ventisettesimo, con una temperatura attorno ai 40°, decido di rallentare e mettere il cappello bianco al fine di evitare insolazioni. Da li, fino alla fine, ho alternato tratti di corsa lenta alla camminata veloce.
Nonostante tutto vedo che nessuno mi supera e intorno a me la scena è idilliaca. La vegetazione e brulla e ogni tanto si attraversano piccoli villaggi di capanne.
E' qui che vedo la vera Africa! Bambini con un sorriso a 80 denti (tra l'altro bianchissimi e catarinfrangenti) mi salutano in francese, mi chiedono come mi chiamo e corrono con me dandomi la mano.
L'emozione è tantissima, nonostante la fatica, il dolore e il calore. Mi destreggio nonostante la consapevolezza che i prossimi 10 - 11 km li avrei percorsi subendo il dolore dei crampi in un tempo di un'ora e mezza o due.
Ogni tanto pensavo al Bia e per far passare il tempo proiettavo la velocità con cui avevamo percorso assieme la prima metà della gara, stimando il distacco finale che a mano a mano avrei accumulato. Devo dire che questo giochino mi ha impegnato non poco e così, in quattro ore e quaranta minuti sono passato sotto il gonfiabile con la scritta "Arrivo". Il bia era arrivato circa venti minuti prima di me e mi ha confortato vedere che anche lui, come me, era letteralmente a pezzi.
La scena che mi si presentava davanti, dopo la secchiata di acqua gettatami dal medico, è stata di un manipolo di uomini mezzi nudi sdraiati sotto un gazebo. La persona che mi è rimasta impressa maggiormente è stato un russo, bianchissimo, sdraiato per terra in preda ai crampi con una smorfia orribile di dolore. Sono passato a più riprese vicino a lui e posso garantirvi che è rimasto in quelle condizioni per almeno un'ora e mezza, senza muoversi.
Per concludere abbiamo avuto il permesso di farci una doccia con l'acqua di una bacinella riempita in un vicino pozzo e di rilassarci con impacchi di ghiaccio.
A seguire pranzo con menù speciale post-gara: pesce raffermo, stracotto di pecora, verdure crude varie, cus cus e riso in bianco.
Tutti i sopravvissuti sui pullman pronti per la terza tappa.

martedì 14 maggio 2013

100 km del Sahara 2013 - 1° tappa

E' passato un po' di tempo ormai da quando Max ed io siamo tornati da questa missione subsahariana. Raccontarla è davvero difficile - troppe sono le emozioni, i km e le vesciche che meritano anche una sola menzione - quindi riteniamo sia il caso di dividere la nostra avvenutra in tanti post quante sono state le tappe percorse.
L'inzio, il viaggio in aereo, forse, è stata la parte più dura. Tanti, troppi scali dovuti ad un cambiamento dell'ultimo minuto nella destinazione finale.
Guerra in Tunisia, tutti in Senegal!
Questa complicazione - che però ci ha permesso di scoprire un paese davvero affascinante - ci ha fatto arrivare stanchissimi a Dakar in piena notte già preoccupati di non riuscire a recuperare le energie e le forze per la gara. 
Non avevamo però, fortunatamente, fatto i conti con il fattore euforia.
Altrochè stanchezza. La mattina successiva nulla ci ha impedito di svegliarci di buon ora e cominciare un giro nella capitale con una cartina stradale trovata in ovetto Kinder in cui, in pratica, l'unica cosa che risultava essere chiara era il fatto che ci trovavamo in Africa.
Foto di rito, polizia con mitra ad ogni angolo, traffico alle stelle e casuale cambio valuta alla prima banca.
In albergo nel pomeriggio c'è stata una veloce riunione di presentazione della gara in cui abbiamo scoperto che il gruppo degli svizzeri - trattenuto nottetempo in aeroporto per problemi con il visto (non ce l'avevano n.d.r.) - era stato rilasciato dopo lunghe trattative iniziate dalla Farnesina d'oltralpe e condotte in loco da un ragazzo di cui non vogliamo svelare il nome, ma che per dovere di cronaca vi mostriamo qui in una foto rubata mentre era distratto.
Abbracci, lacrime e tanta felicità.
Risolta la questione svizzera e ricevute le prime informazioni siamo arrivati, dopo uno spettacolare ed aggressivo giro in fuoristrada sulle dune, al campo tendato in pieno deserto.
Abbiamo subito stretto amicizia con i nostri due compagni di tenda: due ragazzi fiorentini davvero simpatici!
La consegna dei pettorali e i primi metri nel Sahara ci hanno fatto salire l'adrenalina oltre che la preoccupazione. Solo per andare dalla tenda al bagno grande (il deserto n.d.r.) il quantitativo di sabbia insinuatosi nelle nostre scarpe era già spropositato.
La cena l'abbiamo passata interamente a disquisire con gli altri concorrenti sui vari tipi di ghette e noi, dopo aver capito che le nostre erano le peggiori in assoluto, siamo andati a dormire sereni con l'intenzione di correre la prima tappa in totale calma e senza farci prendere dall'ansia della prestazione.
Sono serio.
Eravamo davvero sereni.
Incoscienti forse, ma sereni.
A smorzare subito la nostra spavalderia ci ha pensato il Sahara. Il primo contatto podistico con il deserto è stato più duro del previsto: ad ogni passo la spinta si annullava e bisognava ricominciare a faticare per il passo successivo. Ci avevano detto che era così, tutti lo sanno, ma noi siamo come San Tommaso: non ci crediamo finchè non ci mettiamo il naso.
Il Garmin non valeva neppure la pena di essere guardato.
Comunque dopo qualche km di dramma abbiamo preso il nostro ritmo e tra una foto e l'altra, saltando sulle dune e sperimentando - per quanto mi riguarda - la corsa a piedi nudi abbiamo concluso i nostri 13km senza tanti patemi.
Giusto per dare un'idea di quanto eravamo rilassati e non competitivi io sono arrivato oltre la trentesima posizione alla prima tappa e tredicisimo in classifica generale alla fine di tutta la gara!
Carichi nello spirito e felici di un'avventura che finalmente era diventata reale ci siamo diretti in gruppo verso St. Louis, città (paese?!) da cui il giorno successivo sarebbe partita la tanto temuta tappa regina.
La maratona.