mercoledì 19 giugno 2013

100 km del Sahara 2013 - 3° tappa

Conclusa la maratona con punte di 40° abbiamo tutti pensato che inforcare nuovamente le scarpe il giorno successivo sarebbe stato impossibile. L'atmosfera che si era creata - amicizia ma anche competizione - ha però spinto tutti verso una rapida ripresa psicofisica.
Litri e litri di endorfina venivano prodotti dai nostri corpi a ritmi forsennati.
L'elevato numero di vesciche passava in secondo piano.
Dopo un giretto pomeridiano (a piedi n.d.r.) nei prossimi dintorni di Saint Louis, una birretta e una cena ci siamo buttati a letto gustando appieno un tasso di umidità da guinnes dei primati.
La mattina successiva dopo un breve trasferimento in pullman siamo arrivati al Parco di Djoudj.
Pronti per la terza tappa.
La frazione è iniziata alle 7.00 di mattina e il clima sembrava concedere finalmente una tregua dopo le temperature da altoforno del giorno precedente. Caricati anche dal fondo del percorso - il più duro e meno sabbioso di tutti i 100 km percorsi - siamo partiti spediti.
Era tutta un'illusione.
Purtroppo Max dopo circa mezz'ora di gara, ben conscio che i km totali sarebbero stati 24, ha rallentato per evitare di andare in crisi.
Da quel momento sono rimasto da solo fino alla fine senza mai incontrare nessuno e chiudendo con una decima posizione che mi ha riempito d'orgoglio. I nove davanti erano troppo forti per me, prenderli sarebbe stato impossibile. Devo dire che nella mia breve e misera carriera podistica la terza tappa (e anche la quarta, sempre conclusa in decima posizione) della 100 km del Sahara mi hanno fatto tagliare il traguardo con una soddisfazione enorme e con la consapevolezza che non avrei potuto fare di meglio.
Questa mia autoproclamazione di eroe dei due mondi trova ulteriore fondatezza nelle temperature che, anche durante la terza tappa, sono lievitate clamorosamente, soprattutto dal 10 km in poi.
Il caldo abbraccio dei 40° si stringeva intorno a noi ancora una volta.
Gli ultimi 3 km sono stati una vera e propria agonia con le forze che pian piano venivano meno, ma con la voglia di rimanere decimo fino alla fine a costo di arrivare con la lingua sotto i talloni.
Tagliato il traguardo, ed atteso l'arrivo di Max, ci siamo resi conto che il piccolissimo comprensorio di camere in cui era ubicato l'arrivo comprendeva anche una piscina di tutto rispetto.
Crema da sole, pare crociate, racchettoni, infradito e mojito ci aspettavano.
Magari.
Mentre ci trascinavamo senza metà attendendo la convocazione per il pranzo con l'ennesima birra in mano abbiamo visto le scene più dure della settimana.
I partecipanti erano davvero a pezzi.
Uno è praticamente svenuto davanti a noi.
Stavano tutti dando fondo alle ultime energie ed il pensiero di correre altri 21 km il giorno successivo (questa volta nuovamente con sabbia desertica) veniva tenuto molto lontano per evitare di essere sopraffatti dal preoccupazione.
Regnava una spavalda gioia.

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