venerdì 25 ottobre 2013

Sardinia Ultramarathon - la gara


La gara di Marco.
Gustatevela!

"Ed eccoci al prologo! Una Gara bellissima su pendenze che mi si confanno, ci saranno si e no 2 km di falsopiano, il resto è salita o discesa, volo sulle ali dell’entusiasmo di potermi finalmente confrontare con dei veri e propri miti e mi godo la corsa fatta di saliscendi in mezzo al bosco mentre il tempo passa rapido e taglio il traguardo in seconda posizione! Sono soddisfattissimo e a pranzo festeggerò con birre gelate e pasta col cinghiale, poi tutti al mare a fare un bel bagno ristoratore.
La sera dopo un altra cena pantagruelica quando sono in branda già sale la tensione che mi tiene sveglio coi soliti dubbi: sarò pronto? Mi sarò preparato abbastanza? Come andranno le cose? Domande che mi rimbombano nella testa anche la mattina successiva, sotto il gonfiabile della partenza, sono teso e voglio partire; non è più ora del prologo, l’antipasto l’ho già mangiato e ho paura che la portata principale mi rimanga indigesta. Con un po’ di ritardo si parte! Già questo mi da sollievo, l’ora è giunta, vado al mio passo che è buono e mi permette di stare nel gruppetto di testa, sono fiero e felice di tenere il passo dei grandi campioni che ho a fianco ma cerco di rimanere concentrato sul mio passo, sulla respirazione e sulle sensazioni che provo. In questo momento non ho bisogno di guardare l’orologio, le ultra non sono come le maratone, non c’è nessuna corsa contro il tempo sei solo con la corsa e con l’ambiente che ti circonda quindi è inutile se non controproducente controllare di continuo l’orologio, meglio ascoltarsi selezionando attentamente le sensazioni che proviamo, abbracciare e godersi quelle buone, escludere e relegare quelle cattive in un angolo recondito della nostra mente sperando che non si ripropongano in seguito. Ogni tanto si scambiano delle parole, ma so bene che devo risparmiare energie e centellino le parole mentre mi godo il paesaggio, attraversiamo un campo archeologico, strisce tagliafuoco, boschi, saliscendi, e dopo un paio d’ore il primo giro è finito, 30 km sono alle mie spalle e ripassiamo dal via, è qui che, nonostante finora tutto mi sembrava stesse filando liscio, inizio ad accusare la stanchezza, i primi due accelerano, o sono io che rallento? Mmm, mi sa che c’è qualcosa che non va, inizio ad ansimare e a fare fatica, guardo l’orologio e i due veri campioni si allontanano battagliando. Io ho Vale che mi supporta e incita in sella alla sua bici da corsa ogni volta che incrocio una strada asfaltata, ma le sensazioni cattive che prima escludevo così facilmente ora stanno tornando alla ribalta come uno tsunami che mi vuole travolgere: parlo di crampi, mal di testa, fame e sete, e soprattutto solitudine.
Un detto africano dice: Se vuoi andare veloce vai solo, se vuoi andare lontano vai in compagnia. Il traguardo è ancora lontano e gli unici miei compagni sono i crampi che stanno arrivando inesorabili e sempre più forti insieme a una grande voglia di fermarmi; mangio e bevo, probabilmente troppo, indice che prima ho sbagliato, stavo mangiando e bevendo troppo poco, ma ormai è tardi.
A tre quarti di gara, i crampi hanno la meglio e mi trovo piegato a libro perché dritto non posso stare, sento i tendini delle cosce che si annodano e solo stando piegato posso alleviare il dolore, dopo ore rivedo le gambe da 5 cm e capisco che sono un cencio, se non mi passano i crampi sarò costretto al ritiro, ma proprio allora come per magia dopo un paio di tentativi vedo che riesco a rimettermi dritto, poi a camminare e poi addirittura a corricchiare. I polpacci però sono andati e sono forzato a alternare corsa e camminata; la strada è lunga e sembra non finire più, sento caldo e vado avanti nonostante abbia la netta impressione che a momenti sverrò. A sorpresa mi affianca un ragazzo in montain bike, che molto pazientemente mi incita e mi accompagna incurante delle mie lamentele. A 3 km dal traguardo prima cado dai crampi, poi quando mi rialzo faccio 3 passi e vomito litri d’acqua, da lì, paradossalmente, inizio a stare meglio; manca poco, vado avanti, il quarto mi supera, ora sono io il quarto, ma non posso mollare. Salitone finale, ultimo km in saliscendi, corro e cammino come posso, e infine sento lo speaker, gli applausi, ora nonostante i dolori lancinanti non posso non correre, passo il traguardo e crollo a terra dopo pochi passi…
E’ ora di andare in tenda medica, vomito ancora, mi fanno una flebo di liquidi, mi coprono con due coperte, mentre sono disteso sul letto, (ma credo di somigliare più a Ramses nel sarcofago) arrivano a dirmi che sulla somma dei tempi delle due gare sono arrivato terzo per un minuto e venti secondi, il ragazzo che mi ha superato oggi mi ha dato cinque minuti scarsi mentre il giorno prima ne aveva presi sei, sono raggiante, il risultato è ottimo, sono sul podio per un solo minuto su 6 ore e 23 minuti! Ma la vera vittoria è quella su me stesso, non ho mollato, ho tenuto duro e nonostante le fatiche e i dolori non ho lasciato perdere, mi sono spremuto finché ho potuto, finché il traguardo non era alle mie spalle!
Una volta ripresomi vado a mangiare e bere, è una grande festa, parlo molto, faccio e ricevo complimenti da Calcaterra, Salaris e tutti gli altri corridori, oggi siamo tutti campioni e tutti sognatori! Si avvicina il figlio del ragazzo che mi ha accompagnato in bici, un ragazzo di 15 anni appassionato di atletica che mi dice che l’anno prossimo vuole correre i 60 km, sono stupito, soprattutto perché dalla determinazione nei suoi occhi capisco che ce la farebbe, ma gli consiglio di pazientare, non credo che questo genere di sofferenze  sia adatto a un quindicenne.
E’ proprio pensando a lui che voglio concludere, venerdì all’apertura dell’evento una domanda ricorrente era PERCHE’ correre gare così? La risposta non si dà con le parole;  le emozioni , le gioie e i dolori sono così forti e contrastanti che esprimersi a parole non rende;  avrei perciò voluto che chiunque se lo chiede avesse potuto vedere quella fiamma che ardeva negli occhi di quel ragazzino, entusiasmo e determinazione… eh sì, non c’è dubbio, le ultra sono una questione di CUORE!"

giovedì 24 ottobre 2013

Sardinia Ultramarathon


In questo post - e nel prossimo - troverete il resoconto di una gara folle e che pochi conoscono che ha fatto un caro amico che ogni tanto scrive su questo blog sotto il falso (forse neanche tanto) nome di alien83.
Oggi potete leggere i pensieri e le emozioni che Marco ha provato i mesi, le settimane e i giorni prima della gara.
Seguirà resoconto della gara.
Quello che emerge, oltre all'evidente pazzia di chi scrive, è quanta passione ed entusiasmo può nascere da una gara di corsa.
Sensazioni che conosciamo bene anche noi!
Buona lettura.


"Eccomi qui di nuovo sognante ed emozionato dopo pochi giorni da questa nuova avventura! Dopo 51 settimane da un’esperienza che mi è rimasta nel cuore ho trovato il coraggio di affrontare un'altra ultramaratona

Inizialmente quest’anno non avevo programmato di superare la fatidica distanza dei 42km. Devo dire che l’ultramaratona lascia segni indelebili e, infatti dopo il deserto ho dovuto pagare uno scotto pesante a livello fisico e mentale, la testa non percepiva più la classica oretta  di corsa come qualcosa di soddisfacente e chiedeva di andare oltre o, in alternativa, di non uscire nemmeno dalla porta di casa, insieme a ciò un ginocchio si è ribellato contro la leggerezza con cui ho preparato i 100km desertici creandomi problemi che mi sono trascinato davvero a lungo. 
Ed è così che per molto tempo queste due concause mi hanno frenato dal rimettermi in carreggiata e ho dovuto attendere la fine di maggio per poter ricominciare a correre senza troppi dolori e con le sensazioni e le emozioni che mi hanno fatto innamorare di questo sport.  A giugno già cercavo quale obbiettivo mettere nel mirino per il periodo  autunnale e navigando su internet sono riuscito a individuare quella che avrei voluto preparare come  “la gara” dell’anno.  “La gara” con me stesso, perché una ultra ha poco ha vedere con la competizione con gli altri atleti che semmai diventano dei compagni di viaggio che ci aiutano a superare noi stessi , arrivando oltre il traguardo dei nostri limiti e delle nostre paure.
La gara si chiama Sardinia Ultramarathon, una corsa di 2 tappe in due giorni consecutivi nell’ entroterra Sardo, la prima tappa, detta “Il prologo” è una mezza maratona su un percorso trail collinare, mentre il giorno successivo bisogna affrontare la seconda tappa, l’ultratrail, 60 km tutti fuori strada e in collina. In palio oltre alla gloria c’è il titolo nazionale di ultratrail a tappe e la presenza di mostri sacri come Giorgio Calcaterra (pluricampione nazionale e mondiale di 100km su strada) e Filippo Salaris (campione sardo che quest’anno ha sfiorato il podio alla Marathon de Sables), mi ha dato da una grande motivazione a preparami bene per potermici confrontare e forse addirittura avere l’onore di correre al loro fianco per una parte di gara e carpire qualcuno dei segreti che li rendono così inarrivabili!
Memore degli errori dell’anno scorso sono riuscito a prepararmi meglio, e ho avuto la possibilità di conoscere personalmente Calcaterra a un mese da questa gara e chiedergli consigli che poi si sono rivelati davvero utili.
Per organizzare viaggio, vitto alloggio e ho aspettato l’ultimo secondo, ma scoprendo che l’organizzazione metteva a disposizione una colonia militare (che sarebbe stata la casa base per le gare) anche per il vitto e l’alloggio di atleti e accompagnatori, sono andato alla cieca e ho scelto di starmene lì insieme a Valentina, mia paziente accompagnatrice, per vivere fino in fondo l’esperienza.
Le gare trail sono belle anche per l’ambiente che si crea intorno alla gara, si mangia e si dorme insieme e si ha l’occasione di conoscere persone nuove, ma all’arrivo alla colonia mi rendo conto che qui siamo oltre il classico “spirito trail” di amicizia e convivialità, questa è una vera e propria Sagra! Birre, pastasciutta porchetto, salamelle, dolci, vino della casa e un’ospitalità incredibile degli organizzatori, una decina di cuochi, tutti seduti ai tavoli serviti da persone genuine e gentili che non ti permettono di fare complimenti, l’ambiente era indescrivibile!
Ovviamente mi son lasciato trascinare dall’ambiente e la cena pregara si è trasformata in un’abbuffata a suon di brindisi e bagordi, in seguito ho preso un materasso e mi son messo a dormire accanto al tepore del fuoco."

mercoledì 16 ottobre 2013

Lake Garda International Marathon

Clod
Questa è un'altra storia. Una maratona soggettivamente diversa dalle altre. Non solo non siamo andati in trasferta all'estero, ma siamo rimasti in provincia di Verona. Eravamo inoltre in formazione ultraridotta: me medesimo, Max e Bia.
Insomma: gozzoviglio zero, professionalità cento. Davanti solo il Lago di Garda e l'obiettivo.
Coerentemente con cotanta professionalità, il sabato pre maratona l'ho passato al 95% in piedi ad un ricevimento di parenti. La sera mi sentivo a pezzi, ma sono andato comunque al ristorante per poi svenire a letto alle 11,30 con la sveglia puntata alla sei e mezzo. Quella che si dice la giusta carica per iniziare la giornata.
Alle 7 puntuali mi attendevano sotto casa Bia e Max, quest'ultimo alla guida di una Fiat Punto di dubbia provenienza. Per questo giorno abbiamo deciso di chiamarci "quelli della Punto bianca".
Giunti a Malcesine abbiamo fatto tutto di corsa per prendere il pettorale e consegnare la borsa all'ultimo secondo buono. Come sempre avevo programmato il ritmo di gara, stabilendo di partire a 4'30" per poi accelerare, tant'è che ho corso il primo chilometro a 4'48" tra la folla e il secondo ed il terzo a 4'05". Della serie "adoro i piani ben riusciti". Mi sono poi stabilizzato e chilometro dopo chilometro ho raggiunto Torbole, dove si concludeva la gara sui 30 chilometri, mentre la maratona proseguiva. Dopo il bivio si correva quasi in solitaria in un falso piano che si ricongiunge alla ciclabile in leggera discesa che porta all'arrivo. Per fortuna sono riuscito a mantenere il contatto visivo con un concorrente davanti a me, con il quale ho raggiunto e superato altri due corridori togliendomi la soddisfazione di staccarlo con un cambio di ritmo a due chilometri dalla fine, che mi ha consentito di fare un altro sorpasso. 
Bia e Max sono rimasti incastrati in un 5'35" al primo chilometro per poi fare una gara a velocità costante a ritmo 4'30" fino al trentaduesimo. Lì, la lieve salita ed una piccola crisi hanno abbassato il ritmo per poi permettere ai due di chiudere in parata in 3:16:30. Un record personale per loro, con 7' di miglioramento rispetto al tempo di Amburgo.
Un'ottima gara nel complesso: io non sono entrato in crisi energetica e ho chiuso in 3:05:55 real time. Neo della gara: l'assenza dell'imprescindibile Generale.

Bia
Esplosioni addominali e un buon personal best. Ecco quello che mi rimane di questa gara.
Per varie ragioni non sono mai arrivato così stanco ad una maratona e - nonostante i quattro allenamenti a settimana con tanta salita per tre mesi - ero quasi convinto della debacle.
Tanto più che mancava anche il Generàl a guidarci.
Una questione francese: senza il Generà si va dritti alla debacle.
Invece no.
Dopo essermela quasi fatta addosso dieci minuti prima della partenza ho tenuto con Max una media incredibilmente regolare per 32km: 4'31".
Il famoso leggero falsopiano di cui si parlava sopra ha purtroppo mandato in crisi Max, ma l'unione fa la forza e dopo un paio di km più lenti, con il timore che l'amico entrasse in crisi nera, siamo ripartiti e abbiamo chiuso con una media di 4'37" con Max stesso che, recuperata la forma migliore, ha tirato gli ultimi due km per recuperare qualcosina. Grandissima soddisfazione.
Baci, abbracci e schifosissimo latte di cocco.
Io non sono un grande amante del lago di Garda, ma devo dire che la gara è stata bella, quasi tutta dritta, ma mai noiosa. La grande pecca è stata sicuramente la scarsa partecipazione di pubblico e di partecipanti.
Resta solo un grande interrogativo: perchè cazzo non c'era la coca cola?!