giovedì 8 novembre 2012

100 km del Sahara NO STOP - resoconto

Senza aggiungere nulla di più eccovi il racconto del nostro caro amico che ha portato a termine la 100 km del Sahara, versione no stop 1.0. 
Mi ha detto di sistemare e correggere quanto ha scritto, invece ve lo lascerò così come me l'ha mandato perchè dalle sue concitate e animose parole si leggono e si capiscono le emozioni che lui ha provato in quelle undici ore e mezza di fatica e - al tempo stesso - gioia.
Da qualche tempo covavo l’idea di qualche ultra-follia e a maggio vedendo la 100 del sahara no stop non ho resistito e mi sono iscritto. Avevo un conto in sospeso con questa corsa perché 2 anni fa, dopo essermi iscritto e preparato avevo dato forfait a causa di uno strappo inguinale (che purtroppo si riaffaccia periodicamente anche oggi), ero dunque motivatissimo a riscattarmi con questa prova.
Iscriversi è facile, prepararsi bene è tutt’altra cosa, e purtroppo per magagne fisiche ho perso metà mese di settembre per cui la preparazione era tutt’altro che ottimale. Ma tutti dicono che la 100 è una gara di testa e quindi ho pensato che la motivazione c’era ed a quella dovevo affidarmi. Questo pensiero si è trasformato in un mantra che ripetevo sempre più spesso per scacciare le paure che aumentavano all’avvicinarsi del giorno fatidico.
Il viaggio è stato un continuo susseguirsi di trasferimenti. Siamo poi venuti a sapere che l’organizzazione, di per sè davvero ottima, ha avuto dei problemi con tunisair che aveva promesso voli diretti e poi ha cambiato in voli con scalo all’aeroporto di Tunisi (più zoo che aeroporto). Quindi con il doppio trasferimento abbiamo impiegato tempi biblici sia all’andata che al ritorno, ma questo mi ha aiutato a distrarmi fino all’ultimo.
Ricordo due particolari momenti in cui mi sono reso conto di avere davvero PAURA: il primo quando ho dovuto firmare lo scarico di responsabilità al ritiro pettorale dove mi son chiesto "ma io sono davvero certo di voler morire oggi?"; il secondo quando rivolgendomi ad altri iscritti un oretta prima della partenza  ho detto: "mi sto cagando addosso…" e loro fraintendendomi han risposto : "il bagno è al piano di sotto".
In partenza ripasso la strategia di gara, che come sempre disattenderò: “si parte piano e si cerca di tenere un ritmo costante fino in fondo o quanti più chilometri possibile”.
I primi 20 km sono di fondo duro e in saliscendi, con subito bellissima una mulattiera iniziale nella quale senza spingere mi trovo a superare tutti e a mettermi a ridosso dei primi. I chilometri filano lisci e in compagnia, corro però un po’ troppo forte, poi ovviamente la pagherò, ma pur sapendolo al momento non mi preoccupo.
Dal ventesimo in poi, invece, inizio a correre da solo nell’ oscurità, il fondo duro si alterna a lingue di sabbia alla fine delle quali mi fermo a svuotare le scarpe. Luci chimiche e piccoli quadrati catarifrangenti mi indicano la via, perdersi è impossibile, ma mi manca completamente il senso della profondità, vedo il segnale successivo e mi sembra lontanissimo quando in realtà è molto vicino.
Al quarantesimo tutto okey, svuoto di sabbia scarpe (E CALZE)  e riparto. Tengo botta ancora 10 km. Si dice che i primi 50 km si corrono con le gambe e da lì in poi sia tutta questione di testa.
Infatti dal cinquantesimo inizia a essere davvero dura, mi fermo ogni due per tre, cammino e ho un gran mal di testa...penso continuamente a cambiare maglia e a bere solo acqua ma una irrefrenabile idiozia mi porta a non cambiarmi e a bere te zuccherato, finchè… non rimetto tutto il pranzo! Disidratato, senza energie e impossibilitato a mangiare o bere inizio a preoccuparmi, ma penso che il sessantesimo è vicino e mi riprendo. 
Lì arrivo disfatto e consapevole che non potrò mangiare come avevo programmato quindi chiedo un massaggio, mi indicano la tenda massaggi dove trovo il primo concorrente che si è ritirato per problemi intestinali, è trasfigurato dal dolore tanto che non lo riconosco nemmeno (ero stracotto pure io). Il massaggiatore mi fa sedere, mi smuove un po le cosce e attacca a sbraitare: “Imbecille! Perché non ti sei cambiato? E poi non devi bere sali! Bevi acqua e mangia grana!” 
Come un robot eseguo gli ordini, mi cambio, faccio il pieno d’acqua nelle borracce e metto il grana nelle tasche della maglia. Sono senza forze e non posso mangiare avendo vomitato da poco, ma posso iniziare a camminare e pensare solo al ristoro dell’ottantesimo.
Mi raggiunge di lì a poco un ragazzo messo come me, Gavino di Alghero, iniziamo a camminare e corricchiare insieme, le gambe ormai sono a pezzi per cui inizio a chiacchierare. Così facendo anche se molto lentamente (3 ore) copriamo i venti sabbiosi chilometri che ci portano all’ultimo ristoro alle porte delle dune vere e proprie. 
Io ora gambe a parte sto benone, mangio e bevo di tutto, Gavino invece è ma visto che mi ha fatto compagnia fin qui mi sembra naturale fare la mia parte e restituirgli. La sabbia del deserto è borotalco, entra dappertutto, dapprima mi levo le scarpe ogni 5 minuti, poi capisco che è davvero una lotta persa in partenza, mi limito a svuotare tutto solo quando calze e scarpe sono così piene che i piedi sono completamente rattrappiti nelle scarpe.  A pochi chilometri dall’arrivo mi levo le scarpe e magia. L’avessi fatto subito con le sole calze sulla sabbia finissima e freschissima volo! 
Ritorno a correre, sarà il traguardo vicino, sarà l’emozione, ma mi sento rinascere, sprinto in salita sulle dune e con l’avvicinarsi al traguardo anche il mio compare si risveglia dal torpore, finchè ci siamo, l’arrivo è lì di fronte a noi, tagliamo il traguardo mano nella mano felicissimi, mi sembra di essere pieno di energie, invece dopo qualche secondo mi rendo conto che le gambe quasi cedono.
Mi riposo un paio d’ore ma non riesco a dormire
Troppa adrenalina e troppe emozioni.
L’indomani è uno spettacolo, nessuno dei corridori si regge sulle proprie gambe, ma abbiamo tutti una faccia serena e distesa, tutti consapevoli di avere la forza di sognare, di saper buttare il cuore oltre l’ostacolo e di avere anche abbastanza testa per far seguire anche il resto del corpo fino al traguardo.
Ci sarebbero mille cose da dire,  ho fatto moltissimi errori, sono partito troppo forte, mi sono gestito male, ho mangiato e bevuto le cose sbagliate,  il mio zaino sembrava quello di un bambino delle elementari (avevo 1000 cose inutili e 0 cose utili), al cambio del sessantesimo avevo un sacco di cose utili da prendere per il resto della corsa e le ho lasciate lì perché ero cotto, ma  questa è tutta esperienza per il futuro.
Mi rimane il senso di rivincita che mi aveva spinto a iscrivermi, la gioia di aver visto posti  nuovi e aver conosciuto nuovi amici e, non ultima, la consapevolezza di aver ancora la voglia di sognare, e, con l’aiuto della fortuna, qualche volta di riuscire a realizzare qualche sogno.
Si dice che la 100 è una questione di testa, quando si insegue un sogno servono solo determinazione (o una grande motivazione) e tanta fortuna, con  questi  due presupposti si può arrivare davvero lontano!

3 commenti:

  1. Non vedo l'ora che tocchi a me e al Bia affrontare il Sahara. So per certo che sarà una cosa che ci rimarrà per tutta la vita. Bellissimo racconto. Aspetto di sentire ulteriori dettagli dalla viva voce dell'Alien. Grande!

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  2. Spettacolo, il deserto ha risvegliato una improbabile vena letteraria!

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  3. Grazie mille, in effetti il deserto ha destato la mia vena poetica! :)
    Alien83

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