Ieri sera alle ore 21 io e il compare, muniti di mappa ufficiale della Maratona di Amsterdam, ci siamo presentati alla porta della magione del mentore.
Come sempre molto disponibile, ci ha illustrato le possibili insidie del percorso, dato che lui l'impresa in terra olandese l'ha già compiuta tempo addietro.
La scena è stata di grande effetto: eravamo seduti sullo stesso divano su cui posavamo le nostre nobili natiche esattamente un anno fa quando, spavaldi e spaventati allo stesso tempo, iniziavamo a prepararci per Parigi. Ma qualcosa oggi è cambiato, ora stiamo percorrendo la strada della gloria, non siamo più dei semplici novellini, sappiamo cosa vuol dire fare quei 42 km e spiccioli, lo sappiamo bene.
Non siamo più totalmente soprovveduti, non puntiamo solo ad arrivare vivi (mah...), bensì a fare un tempo quantomeno dignitoso. E, elemento di fondamentale importanza, il nostro mentore ha fiducia in noi. Pare.
Dopo una lunga esposizione su integratori, epo di venticinquesima generazione, trasfusioni di sangue, cera, vaselina, amminoacidi ramificati, proteine arrampicate e zuccheri caduti, il mentore ci ha benedetto versandoci della birra sulla nuca: a capo chino ci siamo prostrati ai suoi piedi chiedendo che ci indicasse la via verso il traguardo e verso la glorificazione, ma lui, senza titubare, ci ha indicato la via per il quartiere a luci rosse, via che vale sempre la pena di essere percorsa.
Un'altra tappa di avvicinamento è compiuta, l'ennesimo ringraziamento al Mentore è doveroso.
Siamo davvero agli sgoccioli, ultimi allenamenti e si parte.
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